Il cofondatore di Airbit club estradato negli Usa
Gravi accuse gravano sul cofondatore di Airbit: avrebbe intascato, e speso, i soldi dei clienti invece di investirli nel mining di criptovalute, come pubblicizzato.
Gutemberg Dos Santos, cofondatore della Airbit, è stato estradato negli Stati Uniti il 25 novembre 2020. L’imprenditore era stato arrestato a Panama il 18 agosto 2020, dietro richiesta del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, al termine di una serie di indagini condotte dal New York Field Office of Homeland Security Investigations (HSI).
I controlli sugli affari della società erano partiti dopo le denunce di alcuni clienti di Airbit, e hanno scoperchiato quella che ha tutta l’aria di essere l’ennesima applicazione dello schema Ponzi.
Dos Santos dovrà rispondere delle accuse in un tribunale di Manhattan.
Ad agosto, in concomitanza con gli arresti di Dos Santos e di alcuni membri del suo staff, ossia Pablo Renato Rodriguez, secondo cofondatore, Cecilia Millan e Jackie Aguilar, promotori, e Scott Hughes, avvocato della società, il Dipartimento di Giustizia americano aveva rese note le accuse nei loro confronti: associazione a delinquere per frode e riciclaggio internazionale di denaro.
Al centro della presunta truffa ci sarebbe l’AirBit Club, società di mining e trading di criptovalute.
Gli imputati
Dos Santos, che ha la doppia cittadinanza in Brasile e negli Stati Uniti, è accusato, insieme a Rodriguez e Millan, di associazione a delinquere mirata alla frode telematica, di associazione a delinquere mirata alla frode bancaria e di associazione a delinquere per effettuare riciclaggio di denaro.
Aguilar è accusato di associazione a delinquere mirata alla frode bancaria. Tra gli arrestati figura Hughes, un avvocato abilitato all’esercizio della professione legale in California, che aveva rappresentato Rodriguez e Dos Santos durante un’indagine della Securities and Exchange Commission (SEC), relativa a un altro schema di investimento noto come Vizinova.
Secondo l’accusa avrebbe avuto un ruolo in prima linea nell’AirBit Club Scheme, occupandosi, tra le altre cose, di rimuovere le informazioni negative su AirBit Club e Vizinova da Internet. Hughes è accusato di associazione a delinquere mirata alla frode bancaria e associazione a delinquere per effettuare riciclaggio di denaro.
Ai cinque arresti di agosto si è aggiunto nel frattempo quello di un altro promoter, Karina Chairez, fermata negli Stati Uniti il 20 ottobre 2020, sospettata di associazione a delinquere al pari degli altri imputati.
L’AirBit Club
La storia di AirBit inizia nel 2015, anno in cui ha iniziato la propria attività. I clienti venivano indotti a investire in contanti nell’AirBit Club, descritto come un club di marketing multilivello nel settore delle criptovalute, dietro la promessa di profitti garantiti.
Secondo le promesse di fondatori e promotori, i rendimenti sarebbero giunti automaticamente e passivamente, una volta iniziata l’estrazione, e il conseguente trading, di criptovaluta. In sostanza il semplice acquisto di un abbonamento avrebbe procurato loro ampi e continui guadagni.
Una volta avvenuto il versamento dei contanti, un promotore forniva al cliente l’accesso al portale dell’Airbit Club per visualizzare i rendimenti sull’iscrizione. Sembrerebbe che a quel punto ognuno di loro vedesse accumularsi dei profitti. Ciò che gli investigatori sospettano è che tali profitti fossero falsi.
Secondo gli inquirenti che indagano si sarebbe trattato di un classico schema Ponzi, in cui i soldi investiti dai clienti successivi coprivano i guadagni dei clienti precedenti. L’ipotesi accusatoria è suffragata dalla mancanza di riscontri relativi alle criptovalute, che non sarebbero mai state realmente estratte. Chi indaga sui fatti è stato finora drastico: non esiste nessun mining o trading di bitcoin della società per conto dei clienti.
Ciò che avrebbe indotto gli investitori a pensare di stare ottenendo guadagni sarebbero state delle manipolazioni sui loro account, nel portale online. Alla prova dei fatti, ossia al momento di incassare quanto apparentemente posseduto, iniziavano i disguidi e l’impossibilità di ritirare i contanti.
Già nel 2016 si trovano tracce di reclami sull’impossibilità di prelevare denaro dal portale AirBit Club Online. I promotori si sarebbero difesi adducendo scuse, ritardi e svelando costi nascosti pari a oltre il 50% del ritiro richiesto. Un testimone accusa Aguilar di aver suggerito di “portare nuovo sangue” nell’AirBit Club per poter ricevere i suoi soldi. Una recente accusa, risalente ad aprile 2020, denuncia come abbia trovato improvvisamente il proprio account sul portale dell’AirBit Club chiuso, con conseguente perdita dell’investimento.
La causa sarebbe stata una presunta “esecuzione della Riserva per la sostenibilità finanziaria” facente parte dei termini e delle condizioni dell’Airbit Club, attivata a causa della crisi finanziaria dovuta al Covid-19.
Si parla di un giro d’affari di venti milioni di dollari, versati con fiducia da parte di clienti provenienti da tutto il mondo, che però non avrebbero mai raggiunto la destinazione promessa: favorire la creazione di bitcoin e quindi essere ridistribuiti agli investitori in altra redditizia forma.
I soldi dei clienti, ossia delle presunte vittime (finché il processo non si sarà concluso con delle condanne non si può realmente parlare di vittime) sarebbero stati riciclati per scopi di tutt’altra natura: benessere dei cofondatori e dei loro collaboratori (ville, auto, gioielli …) e realizzazione di eventi e campagne di marketing “aggressive e sontuose”, atti a coinvolgere nuovi clienti.
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