Il Whistleblowing regola le modalità di segnalazione di illeciti in ambito lavorativo e prevede la tutela del segnalatore.
Per Whistleblowing s’intende la segnalazione di un illecito di cui si è venuti a conoscenza durante lo svolgimento del proprio lavoro, sia esso in ambito pubblico che in ambito privato.
Per illecito potrebbe intendersi una frode, la mancata attuazione di normative di sicurezza, un comportamento palesemente contrario alla legge … a rendersene colpevole potrebbe essere il datore di lavoro, un responsabile, un collega, o persino un cliente.
Volendo tradurre in italiano suonerebbe come “soffiare il fischietto”, un modo colorito per intendere “attirare l’attenzione su un’irregolarità”.
Tra i diritti ineluttabili del lavoratore c’è quello all’autotutela, ed è questo lo scopo della segnalazione, ossia fare in modo che il lavoro si svolga nelle modalità più sicure e serene possibili.
Quadro giuridico di riferimento sul Whistleblowing
La legge italiana ha introdotto, con il Dlgs n. 165 del 2001, art. 54-bis, la possibilità di una tutela per quei dipendenti che dovessero segnalare illeciti in ambito lavorativo.
Successivamente il Whistleblowing ha assunto la fattispecie di realtà giuridica con la legge n. 190 del 2012, che però si limitava a disciplinare il settore pubblico.
Soltanto nel 2017, con la legge 179, anche il settore privato è stato regolamentato.
La normativa, in particolare, regola le modalità in cui può avvenire la segnalazione dell’illecito, diverse in ambito pubblico e privato, e disciplina le misure a tutela di chi ha fatto la segnalazione, il cosiddetto whistleblower, segnalatore.
Per lo Stato il whistleblower è una risorsa importante per controllare soprattutto il corretto svolgimento dei lavori negli Enti di interesse pubblico.
La tutela del whistleblower (segnalatore) si rende necessaria perché la decisione di denunciare potrebbe causare delle ritorsioni verso lo stesso.
La riservatezza, ossia l’anonimato della segnalazione, potrebbe non bastare a tutelarlo da ritorsioni o discriminazioni.
Le segnalazioni di illeciti nella Pubblica Amministrazione
Le segnalazioni di illeciti nella Pubblica Amministrazione vanno indirizzate al responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza, o direttamente all’Autorità Autorità nazionale anti-corruzione (Anac) o, ancora, all’autorità giudiziaria.
Per dipendenti di Pubblica Amministrazione si intendono coloro che lavorano per enti pubblici, autorità pubbliche, ma anche per enti di diritto privato, sottoposti a controllo pubblico.
Vengono accomunati ai dipendenti del settore pubblico anche coloro che lavorano per imprese che forniscono beni o servizi alle amministrazioni pubbliche.
Di fatto, il dipendente pubblico che denuncia un illecito “non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione”.
L’anonimato dovrebbe essere il miglior deterrente per le ritorsioni, ma non sempre è possibile mantenerlo, e si sa che anche il semplice sospetto potrebbe generare conseguenze.
A tutela dell’anonimato:
- Durante il procedimento penale il nome del segnalatore non può essere assolutamente svelato. “L’identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall’articolo 329 del codice di procedura penale”.
- Durante il procedimento dinanzi alla Corte dei Conti il nome del segnalatore non può comparire finché non si conclude la fase istruttoria.
- Durante il procedimento disciplinare: l’identità del segnalante non può essere in alcun modo svelata, a meno che egli non acconsenta all’esplicita richiesta della difesa del segnalato, di venire a conoscenza della sua identità per tutelare il proprio cliente.
Le segnalazioni di illeciti nel settore privato
Le segnalazioni di illeciti nel settore privato prevedono canali ancora più riservati di quelli pubblici perché non sono tenuti a fare una segnalazione diretta, ma possono avvalersi di diversi canali di cui dispone l’Organismo di Vigilanza, tra cui uno telematico, che permettono la riservatezza e l’anonimato.
Per legge, tutte le organizzazioni private, sono obbligate a predisporre dei canali per segnalare illeciti in totale anonimato.
L’Organismo di Vigilanza raccoglie e valuta le segnalazioni, provvedendo ad assegnare la gestione del caso alle autorità competenti.
In caso di ritorsioni appurate verso il whistleblower potrebbe scattare la denuncia presso l’Ispettorato del lavoro.
Se si arrivasse al licenziamento, a causa della denuncia di illeciti, il segnalante verrebbe subito reintegrato.
Le sanzioni previste in caso di ritorsioni verso il whistleblower
Vessare un whistleblower potrebbe portare a conseguenze anche di carattere sanzionatorio.
L’ANAC può addebitare multe di importo che può raggiungere i 30.000 euro, all’ente o all’amministratore che ha adottato misure discriminatorie contro il segnalante.
La multa potrebbe raggiungere i 50.000 euro nel caso in cui il nome del lavoratore venisse rivelato, facendo venire meno il suo diritto alla riservatezza.
Multe fino a 50.000 euro anche per chi non dovesse verificare le segnalazioni ricevute.
Le conseguenze delle segnalazioni infondate
Nel caso in cui le segnalazioni dovessero risultare infondate e mirate a colpire l‘Ente o l’azienda per dolo e/o colpa grave, se mancano elementi di prova o gli stessi sono stati manipolati per far apparire reale qualcosa che non lo è, sarà il whistleblower ad incorrere in provvedimenti sanzionatori o disciplinari.
Il whistleblowing non può essere usato indebitamente per vendette o sabotaggi.
Se cercate un supporto legale in merito all’argomento trattato, non esitate a contattare i colleghi del Dipartimento di danni alle persone dello Studio legale Internazionale Boccadutri.
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