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Riottenere il passaporto durante una pratica di estradizione

Ultimo aggiornamento 12 Giu 2021

24 Nov 2017 - Diritto Penale - Min Read 4 min
Riottenere il passaporto durante una pratica di estradizione

Quando un individuo, colpito da mandato di arresto internazionale, viene fermato, in attesa dell’estradizione viene privato del passaporto. Se l’esigenza cautelare decade, per riaverlo basta chiederlo.

Non tutti coloro sulla cui testa pende un mandato d’arresto internazionale possono essere considerati delinquenti, gli accertamenti che seguono il fermo servono ad appurare proprio questo, ossia se il fermato possa costituire un pericolo per la società.
La concessione dell’estradizione è subordinata alla verifica dei capi d’accusa e delle possibili conseguenze del trasferimento nel paese che ne ha fatto richiesta.
Se i capi d’accusa non costituiscono reato in Italia, o se il trasferimento comporterebbe un trattamento iniquo o disumano (oppure, nel peggiore dei casi, la pena di morte) il nostro paese rifiuterà di consegnare il ricercato.

L’altra possibilità è che, pur avendone voluto l’arresto, una volta ricevuta comunicazione che il ricercato è stato fermato, il Paese che ne aveva fatto richiesta non mandi in tempo la documentazione necessaria a convalidare il fermo e a consentire l’estradizione.

In queste situazioni il fermato dovrà essere rilasciato e dovrà rientrare in possesso del proprio passaporto visto che, venute meno le esigenze cautelari, avrà libertà anche di lasciare il paese se e quando desidera.

La domanda di estradizione

In Italia dopo l’arresto e il conseguente ritiro del passaporto, viene data comunicazione allo Stato estero dell’avvenuto fermo.
A quel punto inizia la procedura che porterà alla liberazione o alla consegna dell’imputato.
Dallo Stato estero dovrà pervenire, entro quaranta giorni dall’arresto, una richiesta di estradizione con allegati:

  • tutte le informazioni segnaletiche che provano, senza ogni ombra di dubbio, l’identità e la nazionalità della persona per cui è chiesta l’estradizione;
  • copia del provvedimento restrittivo o, se è stata emanata, copia della sentenza di condanna a una pena da scontare in carcere;
  • un resoconto sui reati commessi dall’estradando in cui si specifichino quando e dove sono stati commessi e la qualificazione giuridica attribuita ai fatti;
  • la descrizione esatta delle leggi applicabili per il reato specifico.

Va sempre indicato se tale reato possa comportare la pena di morte perché, in questo caso, se lo Stato richiedente non rassicurasse sul fatto che non verrebbe applicata, l’Italia non potrebbe procedere con l’estradizione.

Quaranta giorni per rivendicare il giudizio su un fermato

L’abitudine in Italia di far decorrere i quaranta giorni a far data dall’arresto, e non dalla comunicazione allo Stato richiedente, ha preso avvio dalla sentenza 9092 del 2013, emessa dalla Corte di Cassazione, VI sezione penale, che ha applicato gli articoli 12 e 16 della Convenzione Europea sull’estradizione.
In quanto provvisorio, l’arresto potrà cessare già dopo 18 giorni se lo Stato estero non invia la domanda e tutti i documenti necessari, e comunque non dovrà superare i quaranta giorni complessivi.

Nel momento in cui viene revocata la misura cautelare, cessa anche l’esigenza di trattenere il passaporto, poiché non vigerebbe più il divieto di espatrio. Pur restando pendente la pratica di estradizione, la persona può essere libera finché non verranno prese disposizioni contrarie.

Già nel 2001 la VI sezione penale della Cassazione, con sentenza n. 34796 del 5 luglio, aveva annullato l’ordinanza della Corte di appello che, basandosi sulla pendenza della pratica di estradizione, aveva negato la riconsegna di un passaporto.

La Corte aveva ribadito come, essendo stata sospesa la consegna del cittadino ed essendo state revocate le misure cautelari, il passaporto andava, senza ombra di dubbio, restituito.

Rifiutare l’estradizione non indica colpevolezza

La persona per cui è stata richiesta l’estradizione può anche opporre il proprio rifiuto, senza per questo dover risultare a rischio fuga agli occhi dei giudici.
È quanto stabilito dalla sentenza n. 37496/2001 della VI sezione della Cassazione penale.
La condotta processuale, afferma la Cassazione, non può essere considerata come unico metro di giudizio. Rifiutare l’estradizione non può tradursi in una volontà di fuga, dovranno essere altri indizi a far giungere a questa conclusione.

Un nuovo arresto per i casi più gravi

In casi particolarmente gravi, la Convenzione europea di estradizione prevede la possibilità di aggirare il limite dei quaranta giorni tramite un nuovo arresto. La Cassazione, con la sentenza n. 1395 del 1993, ha sottolineato come, lo Stato che prende in carico l’indagato, abbia il potere-dovere di mettere in atto “ogni misura che ritenga necessaria” per evitare la fuga dell’indagato o del ricercato.

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Calogero Boccadutri

Calogero Boccadutri is the Managing Partner of Boccadutri International Law Firm. He has trial experience in Forex, Personal Injury and Administrative litigation.



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