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Rigetto della domanda di Visto, cosa fare?

19 Set 2022 - Diritto Dell’Immigrazione - Min Read 9 min
Rigetto della domanda di Visto, cosa fare?

Ci si può opporre al diniego del Visto presentando un ricorso al giudice amministrativo, per richiedere l’annullamento del provvedimento.

Il Visto viene negato a più persone di quelle che sarebbe lecito immaginarsi, e per i più disparati motivi.

Non solo pregiudicati o soggetti in odor di terrorismo, il rigetto della domanda di Visto non è un “privilegio” di chi ha qualche scheletro nell’armadio, ma un disguido che potrebbe capitare a chiunque, e non sempre esiste davvero una spiegazione, anche perché i motivi vengono indicati con formule generiche, sempre identiche, che vogliono dire tutto e niente.

L’esperienza ci dice che le rappresentanze diplomatiche italiane possono negare il rilascio del visto e creare disagi a ignari viaggiatori, laddove non ce ne sarebbe motivo.

Quando il Visto può essere rifiutato

Il Visto può essere rifiutato secondo le norme dettate dall’art. 32 del Codice Comunitario dei visti, basato sul Reg. CE n. 810/2009 del 13.07.2009.

Va negato il visto a chiunque:

  • presenti un documento di viaggio falso, contraffatto o alterato;
  • non fornisca una giustificazione plausibile riguardo allo scopo e alle condizioni del soggiorno previsto; 
  • non dimostri di disporre di mezzi di sussistenza sufficienti, che giustifichino un suo soggiorno in Italia, poiché ciò presupporrebbe che non potrebbe ottenere legalmente le risorse necessarie al viaggio; 
  • abbia già soggiornato, negli ultimi sei mesi, almeno 90 giorni in uno Stato membro, grazie ad un visto uniforme o ad un visto con validità territoriale limitata; 
  • sia stato segnalato nel SIS (Sistema d’informazione di Schengen, in cui sono segnalate persone ricercate dalla polizia a scopo di estradizione, colpite da un divieto d’entrata o scomparse) al fine della non ammissione; 
  • sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica, quale definita all’articolo 2, paragrafo 19, del codice frontiere Schengen, o per le relazioni internazionali di uno degli Stati membri e, in particolare, sia segnalato nelle banche dati nazionali degli Stati membri ai fini della non ammissione per gli stessi motivi; 
  • non dimostri di possedere un’adeguata e valida assicurazione sanitaria di viaggio, ove applicabile; oppure, qualora vi siano ragionevoli dubbi sull’autenticità dei documenti giustificativi presentati dal richiedente o sulla veridicità del loro contenuto, sull’affidabilità delle dichiarazioni fatte dal richiedente o sulla sua intenzione di lasciare il territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto richiesto.

La segnalazione al SIS

È importante chiarire ogni dubbio sulla propria eventuale iscrizione nelle liste del SIS.

Se si sospetta di essere stati segnalati al Sistema d’informazione di Schengen, SIS, occorrerà infatti un ulteriore passaggio.

Il SIS contiene informazioni sulle persone ricercate dalla polizia o dalla giustizia, oppure ritenute scomparse, che hanno il divieto di entrare nello spazio Schengen, se prima non chiariscono la propria posizione. 

Ognuno ha il diritto di sapere se dati che lo riguardano siano trattati nel SIS, e in caso affermativo, di accedere a questi dati.

In base alle informazioni relative al proprio nominativo, si può capire se si rientra nei loro elenchi, per quale motivo, in quali Stati in particolare, e quale Autorità ha effettuato la segnalazione, anche se non sempre tali informazioni sono rese disponibili.

È importante comprendere quale sia stata l’Autorità da cui è partita la segnalazione poiché va contattata per contestarne l’operato.

Una volta avuta la certezza di trovarsi nella lista SIS, si ha la possibilità di chiedere di apportare delle rettifiche, o di chiedere la cancellazione dagli elenchi perché possibilmente non si ha nessun titolo per trovarvisi.

Non solo persone, ma anche oggetti, che una volta trovati permettono alle autorità competenti di adottare un comportamento specifico nei confronti delle persone che li detengono.

Le segnalazioni SIS riguardano:

  • i cittadini di Paesi terzi (Paesi al di fuori della cooperazione Schengen) segnalati ai fini della non ammissione o del divieto di soggiorno nello spazio Schengen;
  • le persone ricercate per arresto ai fini di consegna o estradizione;
  • le persone scomparse (che devono, eventualmente, essere poste sotto protezione);
  • le persone ricercate allo scopo di rendere possibile il loro concorso nel quadro di una procedura giudiziaria;
  • le persone o gli oggetti ai fini di sorveglianza discreta o di un controllo mirato;
  • documenti d’identità, quali passaporti, carte d’identità, etc., che sono stati rubati, smarriti o invalidati;
  • documenti dei veicoli, targhe di veicoli, banconote, valori mobiliari e mezzi di pagamento, armi, motori fuoribordo, roulotte, rimorchi, apparecchiature industriali, container;
  • gli oggetti ricercati ai fini di sequestro o di prova in una procedura penale.

Il SIS permette di accedere ai seguenti dati dei richiedenti:

  • Cognomi, nomi, cognomi precedenti e pseudonimi;
  • Suoi segni fisici particolari inalterabili;
  • Luogo e data di nascita;
  • Sesso;
  • Fotografie e impronte digitali;
  • Cittadinanze;
  • Numero del documento d’identità, data di rilascio e autorità di rilascio;
  • Indicazione secondo cui la persona risulti “armata”, “violenta” o “in fuga”;
  • Il motivo della segnalazione, l’autorità che l’ha effettuata, il riferimento alla decisione all’origine della segnalazione e le indicazioni alle autorità competenti sui provvedimenti da prendere;
  • Il (i) nesso (i) con altre segnalazioni introdotte nel SIS;
  • Il tipo di infrazione.

La domanda di accesso ai dati inseriti nel SIS può essere depositata presso l’autorità competente di uno qualsiasi degli Stati Schengen.

Il SIS (Sistema d’Informazione Schengen) è una rete informatica, prevista e disciplinata dal IV Titolo della Convenzione di Schengen del 14 giugno 1985, costituita da banche dati nazionali collegate ad un database centrale con sede a Strasburgo, nel quale confluiscono i dati inseriti da ogni Stato membro della convenzione per i fini in essa previsti, ovvero il controllo delle migrazioni.

I Paesi che applicano integralmente l’Acquis Schengen (accordi di Schengen) sono: Italia, Austria, Belgio, Rep. Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Islanda, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera e Ungheria.

Il rischio migratorio

Il rischio migratorio è, probabilmente, il motivo di diniego più plausibile, ed ovviamente, il più contestabile e contestato.

Il presunto pericolo è che, una volta ottenuto il Visto, e quindi il libero accesso in Italia, il richiedente non torni più nel proprio Paese d’origine, lasciando scadere il documento e risultando un migrante irregolare.

Un diniego contraddittorio, posto che, la conditio sine qua non per ottenere il Visto d’ingresso nello Spazio Schengen, sia di per sé un deterrente per questo tipo di situazione: congiuntamente alla richiesta va dimostrato che si abbia un legame radicato col proprio paese, e che si abbia la disponibilità di mezzi finanziari tali da garantire il proprio sostentamento durante il soggiorno, nonché il ritorno nel Paese di origine o di residenza. 

Se il diniego del visto è giustificato da questi motivi, l’interessato potrà contestarlo, dimostrando di avere legami radicati nel proprio Paese di residenza, e quindi potrà presentare documentazioni della propria situazione economica, lavorativa, personale e familiare.

Potrà dimostrare di avere validi motivi per volere/dovere far ritorno a casa, in una situazione regolare, piuttosto che stabilirsi clandestinamente in un altro paese.

La Commissione UE del 19.3.2010 ha individuato i seguenti indici individuali di stabilità per “testare” le intenzioni del soggetto richiedente il Visto:

  • La sussistenza, in capo del richiedente il visto, di vincoli familiari o altri legami personali nel paese di residenza;
  • vincoli familiari o altri legami personali negli Stati membri;
  • lo stato civile;
  • la situazione lavorativa (livello salariale, se lavoratore dipendente);
  • la regolarità delle entrate (lavoro dipendente, lavoro autonomo, pensione, redditi da investimenti, ecc.) del richiedente o del coniuge, dei figli o delle persone a carico;
  • il livello del reddito;
  • lo status sociale nel paese di residenza (ad esempio eletto a una carica pubblica, rappresentante di una ONG, professione di alto status sociale come avvocato, medico, docente universitario);
  • il possesso di una casa o di un bene immobile. 

Se queste verifiche non dovessero bastare, la Commissione potrebbe valutare i seguenti ulteriori parametri di rischio:

  • Precedenti soggiorni irregolari negli Stati membri;
  • precedenti abusi del sistema di sicurezza sociale degli Stati membri;
  • successione di varie domande di visto (per soggiorni di breve o di lunga durata) presentate per scopi diversi e senza rapporto fra di loro;
  • credibilità del soggetto ospitante, quando viene presentata una lettera d’invito. 

Diniego del Visto per ricongiungimento familiare

Il diniego del visto per ricongiungimento familiare va contestato al giudice ordinario del luogo in cui ha stabile dimora, non al Tar, poiché tocca il diritto all’unità familiare.

Le controparti sono il Ministero dell’Interno e il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

Diniego del Visto turistico

Il diniego del Visto turistico dipende spesso da falle nella documentazione presentata.

È sempre importante specificare chiaramente lo scopo e le condizioni del soggiorno, la disponibilità dei mezzi di sussistenza, il tipo di alloggio, e l’eventuale invito da parte di un cittadino residente in Italia (italiano o straniero regolarmente soggiornante).

Il diniego può essere contestato, tramite assistenza legale, presso il Tar del Lazio.

Diniego del visto per lavoro

Il diniego del visto per lavoro, sia esso autonomo o subordinato, può essere impugnato davanti al Tribunale Amministrativo Regionale, poiché si tratta di interesse legittimo e non di un diritto soggettivo.

Di solito questo tipo di visto viene negato se si hanno dubbi sull’autenticità del contratto di lavoro, e se si sospetta che in realtà si tratti soltanto di un pretesto per trasferirsi in Italia e restarci illegalmente.

In alcuni casi il diniego deriva dalla mancanza di quote disponibili per l’ingresso di ulteriori lavoratori stranieri o, semplicemente, se ci sono falle nella documentazione presentata.

Per fare ricorso, avendo la consapevolezza di possedere i requisiti richiesti, occorre l’ausilio di un avvocato che presenti l’istanza al TAR del Lazio.

Riassumendo: se vi è stato negato un visto Schengen o un visto nazionale, (la cui richiesta non è stata fatta per motivi familiari), si può proporre ricorso, tramite un legale specializzato, al T.A.R. del Lazio, entro 60 giorni dalla data di notifica del provvedimento di diniego.

Se vi è stato negato un visto nazionale per motivi familiari, potete fare ricorso, sempre tramite un avvocato, senza limiti di tempo, a un Tribunale Ordinario.

Opporsi al rigetto del Visto: l’importanza del TAR del Lazio

Si può fare opposizione, se si ha la consapevolezza di esser stati vittima di un provvedimento ingiusto, facendo un ricorso con carattere di urgenza, al Tribunale Amministrativo Regionale, o TAR, propedeutico a quello che successivamente verrà fatto davanti al giudice amministrativo, cui spetta disporre l’annullamento del provvedimento.

Il TAR del Lazio, chiamato in causa, una volta valutata come illegittima la prassi, si è sempre dimostrato favorevole alla sospensione del diniego.

Si può citare come esempio la sentenza 5420/2017, della Sezione Terza Ter del TAR Lazio, che ha accolto il ricorso presentato da un imprenditore pachistano contro il provvedimento di diniego del visto d’ingresso per motivi d’affari, emanato dall’Ambasciata italiana a Islamabad.

Secondo il TAR, il diniego deve essere motivato da effettive ragioni, a prescindere dal fatto che la legge preveda deroghe all’obbligo di motivazione (di cui all’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 286/1998). Tale possibilità (di non motivare i dinieghi) non può legittimare l’amministrazione ad agire arbitrariamente.

Se c’è una buona ragione per negare il Visto, il diniego può non essere motivato, spetta poi al giudice verificare la legittimità del provvedimento.

Il tribunale amministrativo in quel caso specifico, reputava che il “rischio migratorio” paventato dall’ambasciata, non risultava adeguatamente giustificato, in quanto si riferiva soltanto a precedenti dinieghi.

Nel corso degli anni ci è capitato di assistere clienti che si sono visti rifiutare il Visto per vari motivi, addirittura professionisti, impegnati socialmente e attivamente nel proprio Paese, desiderosi di un breve periodo di vacanza in Italia, scambiati per “minacce per l’ordine pubblico”.

Sospetti nati da omonimie o particolare sfiducia verso i paesi d’origine, non giustificabili dai documenti prodotti.

Resta il fatto che si finisce nelle liste degli indesiderati senza averne consapevolezza, finché non si richiede un Visto, e da quel momento inizia una lunga trafila per riottenere il proprio sacrosanto diritto di viaggiare.

Ciò che noi, come Studio legale internazionale, cerchiamo di fare, è cercare di ipotizzare cosa ci sia dietro il diniego.

Studiamo i documenti, e se ci sono i presupposti, avanziamo domanda cautelare di sospensiva del provvedimento di rifiuto, ritenuta l’urgenza. Contestualmente presentiamo domanda di accesso alla banca dati del SIS, al fine di verificare eventuali iscrizioni a danno del cliente e, in caso di risposta affermativa, ne chiediamo la cancellazione.

L’assistenza giudiziale verrà da noi garantita per tutto il corso del giudizio, sino alla pronuncia della Sentenza.

Il nostro Dipartimento di Diritto dell’Immigrazione si occupa di presentare ricorso qualora il Visto vi venga rifiutato.

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Calogero Boccadutri

Calogero Boccadutri is the Managing Partner of Boccadutri International Law Firm. He has trial experience in Forex, Personal Injury and Administrative litigation.



2 risposte a “Rigetto della domanda di Visto, cosa fare?”

  1. Al Bayrouti ha detto:

    E se nel caso il consolato chiede il ritiro della domanda di un visto turistico provvisorio presentato dalla compagna di mio figlio ( cittadino italiano ) nonostante il rispetto di tutta la documentazione richiesta dal consolato, non c’é un rigetto ne diniego ma domandano di cancellare la richiesta del visto in questo caso puo un consolato negare la richiesta di un cittadino italiano di far raggiungere la sua compagna in Italia ?

    • Calogero Boccadutri ha detto:

      Gentilissimo Sig. Bayrouti la ringraziamo per averci commentato, le invieremo maggiori informazioni sul caso tramite e-mail.

      Cordiali Saluti
      Avv. Calogero Boccadutri

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