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Ottenere la Cittadinanza Italiana in seguito a unione civile

20 Lug 2021 - Diritto Dell’Immigrazione
Ottenere la Cittadinanza Italiana in seguito a unione civile

La Cittadinanza Italiana in seguito a unione civile è uno dei diritti garantiti dallo Stato italiano, che equipara l’unione civile al matrimonio, rendendo identiche le procedure per ottenerla.

Una volta appurato come diventare cittadini italiani e, in particolar modo, come ottenere la cittadinanza italiana per matrimonio (legge 05/02/1992 n.91 e successive modifiche) è bene sapere che lo stesso tipo di procedura è valida anche per chi si è sposato all’estero con un italiano/a o per chi, in Italia, si è unito civilmente con un compagno dello stesso sesso.

Quindi è possibile ottenere la cittadinanza italiana in seguito ad unione civile.

Attualmente in Italia è impossibile celebrare un matrimonio omoaffettivo ma la legge italiana lo riconosce, qualora celebrato all’estero, equiparandolo all’unione civile, che invece è lecita.

Di fatto, chi si era sposato in un paese straniero che lo permetteva, almeno tre anni prima dell’entrata in vigore della legge sull’unione civile, aveva già acquisito i requisiti necessari alla richiesta di cittadinanza.

La legge Cirinnà sulle unioni civili

In data 11 febbraio 2017 è entrata in vigore in Italia la Legge 20 maggio 2016, n. 76, insieme ai decreti attuativi sulle unioni civili.

Una legge che ha avuto la peculiarità di introdurre nell’ordinamento italiano l’istituto delle unioni civili, tra persone dello stesso sesso, e delle convivenze di fatto.

Per “unione civile” si intende la registrazione, presso un Comune italiano o presso i Consolati d’Italia (nel caso di cittadini residenti all’estero), della volontà di due individui maggiorenni, dello stesso sesso e civilmente liberi, di unire le loro vite per formare una famiglia, volontà che porta alla variazione del loro stato civile.

Ne derivano una serie di diritti, e di doveri, molto simili a quelli derivanti dal matrimonio. Una differenza sostanziale consiste nella maggiore facilità di scioglimento dell’unione civile, che può avvenire a titolo immediato, senza un periodo intermedio di separazione.

Le “convivenze di fatto” sono possibili sia tra persone dello stesso sesso che di sesso diverso. Non comportano alcuna modifica nello stato civile.

La convivenza di fatto va dichiarata al Comune, attraverso un apposito modulo, o all’ufficio consolare competente per residenza, se il cittadino italiano risiede all’estero.

Viene cessata con una semplice dichiarazione, presentabile anche da uno solo dei due, o d’ufficio, nel caso in cui i due conviventi modifichino il loro stato civile, o cessino di convivere.

Permesso di soggiorno in seguito ad unione civile

In seguito alla cosiddetta “legge Cirinnà” sulle unioni civili, può acquisire il diritto di richiedere il permesso di soggiorno, per ragioni familiari, anche il partner straniero di un cittadino non italiano, che abbia la residenza in Italia.

L’unione civile tra i due, in questo caso, dovrà esser stata registrata in Italia, o comunque avvenuta all’estero e riconosciuta in Italia.

I tempi e i modi per richiedere la cittadinanza in seguito ad unione civile

La pratica di richiesta di cittadinanza in seguito ad unione civile non differisce da quella relativa ai matrimoni. Anche i requisiti sono gli stessi.

Si può fare domanda di riconoscimento della cittadinanza Italiana due anni dopo l’avvenuta unione civile con il partner Italiano, nel caso in cui entrambi risiedano in Italia.

Gli anni salgono a tre se invece la coppia risiede all’estero o se si è unita in matrimonio in un paese straniero in cui era possibile farlo.

In quest’ultimo caso però il matrimonio va registrato in Italia nei modi previsti dalla legge. Non cambia neppure l’obbligo di conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (CEFRL)

Ricongiungimento. Il diritto di soggiorno permanente

La Corte di Giustizia Europea, con la “sentenza Coman e altri” (causa C673/16 del 5 giugno del 2018), ha stabilito come i diritti dei coniugi sul ricongiungimento valgano anche in quei paesi dell’Unione Europea che non riconoscono i matrimoni tra persone dello stesso sesso (in questo caso la Romania).

Il diritto di ricongiungimento si estende anche al riconoscimento del diritto a vivere e a lavorare, e quindi a soggiornare e circolare, nello stesso paese del coniuge, a prescindere dal fatto che il paese in questione non preveda, e quindi non riconosca, questo tipo di matrimonio.

Ogni singolo Stato dell’Unione Europea ha il diritto di legiferare sulle unioni omoaffettive, e quindi di autorizzarle o meno sul proprio territorio, ma nel momento in cui due cittadini dello stesso sesso hanno contratto matrimonio, o si sono uniti civilmente, in un paese in cui era possibile farlo, cessa la discrezionalità dello Stato membro UE, che non può rifiutare il diritto di soggiorno permanente ad un cittadino straniero che si voglia ricongiungere al proprio coniuge (direttiva 2004/38/CE sulla libertà di circolazione).

Se volete chiarimenti in materia, gli avvocati del dipartimento Immigrazione dello studio legale Internazionale Boccadutri sono a vostra disposizione. Contattateli qui.

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Calogero Boccadutri is the Managing Partner of Boccadutri International Law Firm. He has trial experience in Forex, Personal Injury and Administrative litigation.



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