L’unione Europea e le Criptovalute: “sono qui per restare”
Nonostante il loro valore sia attualmente in discesa, non cessa l’interesse verso le criptovalute.
Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Europea, durante l’Ecofin di Vienna, è intervenuto sul tema delle criptovalute ed ha affermato che, dopo uno scambio di opinioni sui cripto-asset, i ministri delle finanze dell’UE hanno sentenziato che sono “here to stay” traducibile con “sono qui per restare”, o probabilmente con un meno poetico “non ce ne libereremo presto”.
Ciò premesso, vanno trattate come qualunque altro prodotto finanziario e dunque classificate e regolamentate. Il dubbio che va chiarito è se le leggi in vigore in Europa siano sufficienti o se non sia il caso di studiarne di nuove.
Sulle ICO (Initial Coin Offering, le raccolte fondi in cambio di valute digitali) Dombrovskis ha espresso un giudizio positivo. Della loro efficacia del resto parlano i 6 miliardi di dollari generati nel 2017.
Attenzione elevata sui rischi che le criptovalute inevitabilmente rappresentano. La poca trasparenza potrebbe facilmente tradursi in riciclaggio di denaro sporco, truffe ai danni degli investitori o terreno fertile per la pirateria informatica.
Il Financial Stability Board, soggetto istituzionale voluto dal G20 per promuovere la stabilità del sistema finanziario internazionale, migliorare il funzionamento dei mercati finanziari e ridurne i rischi, aveva già rassicurato come le criptovalute, pur rappresentando un mercato in rapido sviluppo che va attentamente monitorato, non rappresentino un rischio per la stabilità finanziaria globale.
Le autorità europee di vigilanza e la Commissione Europea intendono concludere entro fine 2018 una “mappatura normativa delle risorse crittografiche” allo scopo di ampliare il campo di applicazione della legislazione dell’UE.
Intanto in Europa …
Resta sempre e comunque il dubbio su come andrebbero classificate le criptovalute anche se la BCE ha dato la sua imbeccata definendole “rappresentazione digitale di valore”.
Leggi o non leggi a molti Stati non è parso vero avere una nuova e inattesa fonte da tassare.
A Malta patti chiari
La piccola Malta ha fatto da apripista ed il suo è stato il primo parlamento a legittimare le criptovalute. Tre disegni di legge riguardanti la tecnologia blockchain: il “Malta Digital Innovation Authority Act”, che prevede la nascita di un nuovo organismo del settore, l’“Innovative Technological Arrangement and Services Act”, che contiene le caratteristiche che dovrà avere un’impresa basata su blockchain per essere inquadrata legalmente nel settore e il “Virtual Financial Asset Act”, che regolamenta le ICO e indica quali requisiti dovranno rispettare .
Sembra che la scelta di essere crypto-friendly abbia già giovato all’economia dell’isola.
Polonia
L’ultimo paese, in ordine di tempo, che si accinge ad accogliere ufficialmente le criptovalute sul suo territorio, con una legge ad hoc e con un sistema di tasse chiaro, è la Polonia.
Il disegno di legge, pubblicato on line per la consultazione, è pronto a completare il suo iter, e mira a chiarire il modo in cui il paese intende gestire le imposte sulle criptovalute.
Inizialmente il governo polacco aveva scelto di tassare qualsiasi tipo di transazione con valuta virtuale, ottenendo di rimando le vivaci proteste dei cittadini: la Civil Transactions Tax (PCC), infatti, non teneva conto di eventuali perdite. Accantonata la PCC si è reso necessario affidarsi a un progetto più concreto, nel rispetto dei consumatori.
La bozza di legge definisce la valuta virtuale come una “rappresentazione digitale del valore“. Gli autori dividono anche le valute virtuali in due gruppi: criptovaluta decentralizzata e moneta virtuale centralizzata.
Le valute virtuali possono servire come mezzo di scambio ed essere accettate come mezzo di pagamento, possono essere memorizzate e trasferite elettronicamente e utilizzate nell’e-commerce.
Secondo la nuova legge, le criptovalute si possono impiegare sia come mezzo di scambio che come metodo di pagamento. Viene presa in considerazione anche la categoria dei minatori di criptovaluta, i quali si vedranno tassati i propri introiti.
Verranno distinti gli autonomi dagli impiegati, e questo determinerà che tipo di tasse pagheranno (su profitti o su compensi). Se hanno scelto di convertire la criptovaluta in moneta reale prima di pagare i propri clienti, l’intero importo sarà considerato come entrata e le imposte saranno dovute sul totale.
Lo scambio tra criptovalute, tuttavia, non sarà tassato.
In Francia sono considerati beni mobili
Il Consiglio di Stato francese ha stabilito da aprile 2018 che le criptovalute vadano considerate come beni mobili, e le tassa di conseguenza.
Inizialmente la Francia ha fissato l’aliquota per la tassazione dei proventi da criptovalute al 45%, per poi scendere, in alcuni casi, al 19% in seguito alle proteste dei francesi.
In Italia ancora tutto tace
L’Italia non si è ancora dotata di una normativa chiara in materia. Il rischio è che la mancanza di una legge specifica porti all’applicazione arbitraria di regole studiate per realtà diverse, con conseguenze negative per chi lavora o investe nel settore.
Per chiarimenti in materia o se vi siete trovati in situazioni sgradevoli legate alle criptovalute, non esitate a contattare gli esperti avvocati del Dipartimento di Diritto Societario e Commerciale dello Studio Legale Internazionale Boccadutri.
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