Legge applicabile ai matrimoni internazionali
Ultimo aggiornamento 12 Giu 2021
7 Feb 2019 - Diritto di Famiglia e Divorzio - 6 minLa legge n. 218/1995 sul sistema italiano di diritto internazionale privato; le norme in materia di rapporti familiari concernenti separazione e scioglimento del matrimonio.
La materia dei rapporti di famiglia, con specifico riguardo ai matrimoni contratti all’estero o tra soggetti aventi diversa cittadinanza, è regolata nel diritto italiano dalla legge n. 218 del 1995 che ha riformato il sistema di diritto internazionale privato.
Al fine di evitare i potenziali conflitti tra la legge italiana e la legge di uno Stato straniero, anche in virtù dell’accresciuto numero di matrimoni celebrati all’estero o tra cittadini di differenti nazionalità, sono state fissate delle regole circa l’individuazione della legge applicabile nonché dei casi in cui sussista la giurisdizione italiana.
Il criterio generale prescelto, sia nell’ambito dei rapporti personali sia dei rapporti patrimoniali (art. 29 e 30), è costituito dall’applicazione della legge nazionale comune dei due coniugi; tuttavia, nel momento in cui coniugi abbiano diversa cittadinanza o più cittadinanze comuni si farà ricorso alla legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata. Tale criterio generale comporta la rimessione al prudente apprezzamento del giudice circa la valutazione dello Stato che costituisce localizzazione “prevalente” della vita matrimoniale.
I rapporti patrimoniali
In merito ai rapporti patrimoniali, la legge prevede la facoltà per i coniugi di applicare la legge dello Stato di cui almeno uno di essi è cittadino o in cui risiede, previo accordo per iscritto che sarà considerato valido quando considerato tale dalla legge scelta o da quella del luogo in cui l’accordo è stato stipulato.
Sussistono poi ulteriori norme specifiche e delle eccezioni ai criteri sopra individuati. Con riferimento alla capacità matrimoniale ed altre condizioni per contrarre matrimonio, secondo l’art. 27 vengono regolate dalla legge nazionale di ciascuno dei nubendi al momento del matrimonio.
Matrimonio all’estero
Riguardo al matrimonio celebrato all’estero – tra cittadini italiani e stranieri o stranieri residenti in Italia – si considera formalmente valido quando tale è considerato dalla legge del luogo di celebrazione, o ancora dalla legge nazionale di almeno uno dei due coniugi o dalla legge dello Stato di comune residenza al momento della celebrazione (art. 28).
In presenza di tali requisiti, sussistendo i requisiti previsti dalla lex loci, il matrimonio celebrato all’estero è considerato immediatamente valido ed efficace anche in Italia, seppur sottoposto alla successiva trascrizione nei registri civili italiani, che assume dunque mera natura certificativa e non anche costitutiva (la cui procedura è prevista e analiticamente descritta dal d.P.R. n. 396/2000).
Separazione e divorzio
Nell’ambito della separazione personale e scioglimento del matrimonio, trova applicazione lo stesso principio stabilito per i rapporti personali e patrimoniali, ossia il riferimento alla legge nazionale comune o alla prevalente localizzazione della vita familiare; dal punto di vista cronologico, la legge da applicare andrà individuata al momento della domanda di separazione o di scioglimento del matrimonio.
Inoltre, è previsto il ricorso alla legislazione italiana laddove la separazione personale e lo scioglimento non siano previsti dalla legge straniera applicabile.
Sul piano della giurisdizione, l’art. 32 dispone poi che la giurisdizione italiana sussiste anche quando uno dei due coniugi possiede la cittadinanza italiana o il matrimonio è stato celebrato in Italia, un criterio applicabile indifferentemente tanto nel caso di divorzio tanto in quello di separazione personale.
Tale disposizione si affianca all’art. 3, che stabilisce – come criterio generale per la sussistenza della giurisdizione italiana – che il convenuto debba essere domiciliato o residente in Italia o avere un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell’art. 77 del codice di procedura civile o di altre disposizioni di legge.
La normativa europea in materia di separazione e divorzio
Alla normativa concernente il diritto internazionale privato si affiancano le disposizioni emanate nell’ambito territoriale dell’Unione Europea. In particolare, il regolamento del Consiglio dell’Unione Europea n. 1259/2010, emanato in attuazione di una cooperazione rafforzata, trova applicazione per gli Stati membri partecipanti (tra cui l’Italia) alla cooperazione di settore.
L’art. 5 sancisce il principio della scelta della legge applicabile ad opera delle parti; tuttavia, la scelta deve riguardare la legge dello Stato della residenza abituale dei coniugi al momento della conclusione dell’accordo, la legge dello Stato dell’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora al momento della conclusione dell’accordo, la legge dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della conclusione dell’accordo o la legge del foro.
In assenza di un’esplicita scelta, l’art. 8 prevede il ricorso alla legge dello Stato:
- della residenza abituale dei coniugi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale, o, in mancanza;
- dell’ultima residenza abituale dei coniugi sempre che tale periodo non si sia concluso più di un anno prima che fosse adita l’autorità giurisdizionale, se uno di essi vi risiede ancora nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale, o, in mancanza;
- di cui i due coniugi sono cittadini nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale; o, in mancanza;
- in cui è adita l’autorità giurisdizionale.
La materia processuale italiana e l’introduzione del “divorzio breve”
Con riferimento alla materia processuale italiana, alla quale si farà ricorso anche nelle succitate ipotesi di matrimoni contratti all’estero o tra cittadini aventi diversa cittadinanza – e sussistendo le condizioni previste dalla legge 218/1995 – si assiste a un processo di continua evoluzione normativa, del quale è opportuno che ogni soggetto interessato abbia conoscenza, in modo da poter essere preparato ad affrontare procedure di separazioni o divorzio; ciò assume ancor più valore nel caso di cittadini stranieri che dovranno far riferimento alla legge processuale italiana.
Nell’ottica di un intervento legislativo di ampio respiro, volto ad accelerare il decorso dei procedimenti civili e a semplificare le procedure di separazione e divorzio, si inserisce la legge n. 55/2015, recante modifiche alla legge n. 898/1970 che racchiude la disciplina in materia, e con la quale si è pervenuti – tra le altre novità – all’introduzione del c.d. divorzio breve.
Con l’intento di accelerare la procedura volta alla definizione del divorzio, il legislatore ha provveduto a modificare l’art. 3 della precedente legge, attraverso una sensibile riduzione dei tempi per effettuare la domanda di divorzio a seguito di separazione personale – giudiziale o consensuale dei coniugi.
Nello specifico, è prevista adesso la possibilità di esperire la domanda di divorzio a seguito della separazione protratta ininterrottamente per 12 mesi, con decorrenza dalla prima comparizione delle parti davanti al presidente del tribunale; termine ridotto a 6 mesi nel caso di separazione consensuale, anche laddove si sia proceduto a una trasformazione del contenzioso in separazione consensuale.
Le tempistiche hanno visto una notevole riduzione, laddove la precedente normativa fissava un termine minimo unico – sia per la separazione giudiziale sia per quella consensuale – di 3 anni decorrenti sempre dalla prima comparizione in tribunale.
Ciò che emerge, tuttavia, è la permanenza – nel quadro normativo attuale – del necessario previo esperimento della procedura di separazione personale ai fini della domanda di scioglimento del matrimonio, laddove invece l’eliminazione di tale collegamento avrebbe potuto contribuire a un ulteriore abbattimento dei tempi volti alla finalizzazione di un divorzio.
La procedura finalizzata all’ottenimento del divorzio risulta quindi tuttora distinta in due fasi, ossia la preliminare separazione obbligatoria (accorciata nei tempi) e la successiva fase di divorzio.
Nel quadro di semplificazione, è opportuno sottolineare l’introduzione di nuove forme di separazione e divorzio alternative al procedimento giudiziario, come la negoziazione assistita da avvocati o la conclusione di un accordo presso l’Ufficio dello Stato Civile in presenza di determinate condizioni (novità introdotte rispettivamente dagli artt. 6 e 12 del D.L. 132/2014 convertito con modificazioni dalla L. 10 novembre 2014, n. 162).
Quanto all’individuazione del giudice competente, in base al disposto dell’art. 4 chi intenda presentare una domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio deve rivolgersi al tribunale individuato nel luogo di ultima residenza comune dei coniugi o, in mancanza, nel luogo di residenza o domicilio del coniuge convenuto.
Qualora quest’ultimo risulti irreperibile o sia residente all’estero, il tribunale competente sarà quello del luogo di residenza o domicilio del ricorrente; infine, la domanda si potrà proporre presso qualsiasi tribunale della Repubblica nel caso in cui anche il ricorrente non sia residente nello Stato.
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