Esistono leggi e regolamenti internazionali in tema di recupero crediti ma la loro mancata applicazione mette in crisi i creditori. Le possibilità di recuperare i propri soldi ci sono, anche senza bisogno di dar corso a un’azione legale.
La conseguenza dell’elevato numero di transazioni transfrontaliere è che possano sorgere problematicità al momento di recuperare quanto spetta, a causa, soprattutto, della difficoltà nel reperire informazioni sulla solvibilità del debitore che si trova all’estero.
Eppure da queste situazioni ci si potrebbe cautelare sia prima, in fase di stipula di contratto, che dopo, quando si attendono pagamenti che non arrivano.
Per un’azienda ricevere quanto gli spetta è fondamentale per sopravvivere e per crescere, per questo è bene sapere che, in mancanza di risposte chiare da parte di debitori che si trovano all’estero, si può contare sul supporto di professionisti in grado di recuperare al più presto le somme attese.
Il discorso vale sia per italiani che aspettano di ricevere soldi da stranieri, che per stranieri che attendono di ricevere soldi da italiani.
Il Procedimento Europeo di ingiunzione di pagamento
In Europa vige dal 2006 il regolamento CE n. 1896/2006 in virtù del quale, la parte richiedente, può ottenere un ordine di pagamento valido ed esecutivo in tutti i paesi europei (tranne che in Danimarca).
Conosciuto come “Procedimento Europeo d’ingiunzione di pagamento”, il provvedimento potrà essere emesso da un qualsiasi tribunale europeo.
La sua utilità è quella di ridurre tempi e costi delle “controversie transfrontaliere in materia di crediti pecuniari non contestati”.
In Europa ogni tribunale è paese
Se si nutrono dubbi sulla celerità o sull’affidabilità dei propri tribunali nazionali, è bene sapere che ogni creditore può appellarsi a tribunali stranieri per riuscire a recuperare i propri soldi.
Questa soluzione può essere scelta anche per evitare il rischio di eccezioni da parte del debitore mentre la causa è in corso.
La legge applicabile
L’Italia è tra i firmatari della Convenzione dell’Aia del 15 giugno 1955, la legge applicabile alla vendita internazionale delle merci, che prevede che i contratti siano “disciplinati dalla legge scelta dalle parti, lo spirito generale dell’accordo e le circostanze del caso”.
L’Unione Europea si è dotata nell’arco del tempo di diverse norme per regolamentare la legge applicabile ai contratti “con elementi di internazionalità”.
Nel 1980 la Convenzione di Roma ha stabilito regole standard sui conflitti in materia. Più recentemente l’Italia ha aderito al Regolamento denominato “Roma I” sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, sempre in rispetto alle direttive europee (in questo caso si trattava di applicare il regolamento n. 593/2008).
Ciò si traduce che, in caso di conflitti in materia di obbligazioni contrattuali, le parti in causa possano accordarsi sulla legge applicabile al contratto, e indicare la corte che sarà competente per le controversie.
Mediazione internazionale
Prima ancora di quantificare la giusta attesa per essere pagati, nel 2008 (direttiva 2008/52/CE) gli stati membri avevano puntato ad incoraggiare il ricorso alla mediazione, o ad altri mezzi di risoluzione alternativa al giudizio, nelle controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale.
Per l’Italia l’attuazione è stata data dal decreto legislativo n. 28 del 4 marzo 2010.
La mediazione può essere applicata a tutte le transazioni commerciali, indipendentemente dal fatto che di mezzo ci siano imprese pubbliche, imprese private o amministrazioni pubbliche.
L’Europa nel 2011 ha cercato di dettare i tempi per determinare a quanti giorni possa corrispondere la giusta attesa per la remunerazione di un servizio svolto o di un bene venduto.
Peccato che sia i privati che la Pubblica Amministrazione ignorino tali direttive mettendo in difficoltà i creditori.
In Italia la Direttiva europea 2011/7 / UE è stata introdotta dal Decreto Legislativo n. 192 del 9 novembre 2012. Apparentemente l’intenzione era quella di rispettare la volontà dell’Europa introducendo regole ancora più rigide di quanto richiesto.
La direttiva europea chiede che ogni debitore paghi entro i 30 giorni successivi dalla data di ricezione della fattura.
Al creditore viene data la possibilità di richiedere gli interessi su quanto non corrisposto, anche senza aver preventivamente sollecitato il pagamento, a partire dal trentunesimo giorno.
Sul tasso d’interesse da applicare ci si basa sugli accordi presi al momento della stipula del contratto oppure, se non presente una specifica in tal senso, viene applicato il tasso della Banca Centrale Europea, aumentato di almeno 8 punti percentuali.
A indurre il parlamento europeo a dotarsi di una legge specifica sono state le lunghe attese spesso registrate per i pagamenti, sia da parte delle pubbliche amministrazioni che dai privati.
Dopo cinque anni le statistiche ci dicono chiaramente che la legge non è riuscita a cambiare le cattive abitudini, ma ha quantomeno fornito un’importante appiglio legale per poter rivendicare i propri soldi.
Un’impresa su quattro chiude a causa dei ritardi nei pagamenti.
La sistematica violazione delle norme in materia ha causato un richiamo ufficiale all’Italia.
Il recupero di un credito con un debitore che si trova in un altro paese, può andare agevolmente a buon fine se ci si affida a specialisti con esperienza nel settore.
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