L’Unione Europea ha modificato il regolamento sul lavoro distaccato in modo da garantire, a chi porta a termine un incarico fuori sede, uno stipendio pari a quello dei lavoratori locali.
Paese che vai usanza che trovi, o meglio, condizioni salariali che trovi. Peccato che finora un lavoratore, cui capita di lavorare per un breve periodo all’estero, possa solo guardare con invidia alla situazione lavorativa degli autoctoni.
In Europa distaccare si traduce fin troppo spesso con sfruttare risorse umane a basso costo. Situazione questa destinata a cambiare entro due anni (data ultima 30 luglio 2020) visto che per allora i paesi membri dovranno adeguarsi al nuovo regolamento europeo, la Dir. 2018/957, approvato il 25 aprile 2018 dalla Commissione Occupazione.
Le nuove regole sul lavoro distaccato mirano ad assicurare “uguali condizioni salariali per lo stesso lavoro nello stesso luogo”.
Chi viene impiegato in un’altra sede europea dovrà poter usufruire di condizioni di lavoro eque, con garanzie per lui e per l’azienda, per la quale andrebbe a scongiurarsi una situazione di concorrenza sleale, giocata sul costo del lavoro.
I lavoratori distaccati
I lavoratori distaccati sono i dipendenti di un’azienda dell’Unione Europea che vengono inviati, nell’ambito di una prestazione di servizi, per un certo lasso di tempo, in un altro Paese dell’Unione Europea.
Capita spesso, grazie all’apertura delle frontiere in Europa, che un’azienda invii lavoratori (posted workers) in un paese in cui non ha sedi, per fornire servizi tramite essi. Una volta conclusa la prestazione i lavoratori tornano alla base, ma nel periodo in cui si trovano all’estero rimangono dei corpi estranei al paese che li ospita e sottostanno alle condizioni e alle tutele del paese d’origine.
Può trattarsi di manodopera, ma anche di personale altamente qualificato.
I paesi destinatari del maggior numero di lavoratori distaccati sono Germania, Francia e Belgio, in essi trova collocazione il 50% del numero totale. L’Italia “importa” soprattutto camionisti.
La precedente normativa
Dal 1996, anno in cui ha visto la luce l’ultima direttiva europea in materia, la 96/71/CE, la realtà dei lavoratori “nomadi” in Europa è profondamente cambiata, al punto da indurre molte aziende a puntare al distaccamento proprio per usufruire delle differenze tra il costo del lavoro da un paese all’altro.
La legge del 1996, recepita in Italia dal D. Lgs. n. 72/2004 e tuttora in vigore, seppure partita con buone intenzioni, ha permesso l’attuarsi di gravi illeciti (dumping sociale) a discapito dei lavoratori. Ad oggi, la società di appartenenza del lavoratore distaccato ha come unico obbligo il rispetto del salario minimo del paese in cui va a svolgersi il lavoro. Secondo la nuova normativa per il lavoratore andranno previsti tutti i benefici di cui godono i colleghi locali, siano essi tredicesima o premi aziendali: “stipendio uguale a lavoro uguale sullo stesso luogo di lavoro”.
Il dumping sociale rappresenta lo sfruttamento delle diverse condizioni salariali tra paesi per pagare di meno i lavoratori e i costi del lavoro stesso.
Giocando sulla collocazione e sulla provenienza dei lavoratori si porta avanti una concorrenza sleale verso i competitors. Di fatto si sono venute a scontrare le diverse situazioni di Europa dell’est e dell’ovest accusatesi reciprocamente di sfruttare i diversi costi previdenziali e salariali.
L’ovest accusa l’est di fare dumping sociale, praticando una concorrenza sleale nei settori di edilizia e trasporti. Di contro i paesi dell’ovest sono accusati di sfruttare il minor costo dei lavoratori dell’est per farli lavorare nei loro paesi senza adeguarne i salari. Anche in questo caso si può parlare di dumping.
Cosa cambia d’ora in poi
Pur svolgendo un lavoro a termine nel paese ospitante, il lavoratore distaccato dovrà poter beneficiare, per quel lasso di tempo, di regole analoghe a quelle di chi lavora stabilmente nel paese.
Per cui avrà innanzitutto un salario equo, una copertura totale, a carico del datore di lavoro, delle spese legate alla trasferta, e delle garanzie sul periodo di permanenza all’estero che non dovrà superare i 12 mesi (a meno che non si possano giustificare ulteriori 6 mesi, cessati i quali comunque il distacco dovrà definitivamente essere interrotto o modificato in lavoro di altra natura).
Verrà diminuito da 24 mesi a 12 mesi il periodo massimo di distacco, 16 mesi in casi particolari.
In più, la Dir. 2018/957, introduce “disposizioni obbligatorie riguardanti le condizioni di lavoro e la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori distaccati”.
La mobilità lavorativa nell’UE
Non bisogna confondere i lavoratori distaccati con i cosiddetti lavoratori mobili dell’UE. I lavoratori mobili dell’UE si spostano in un altro stato membro per entrare nel mercato del lavoro per un lungo periodo o su base permanente.
I lavoratori mobili si integrano quindi nel mercato del lavoro del paese ospitante e sono immediatamente coperti dal sistema di sicurezza sociale locale.
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