L’affidamento dei figli al padre è possibile, lo dice il giudice
L’affidamento dei figli al padre
Un giudice si è espresso contro la prassi di affidare i figli solo alle madri, auspicando d’ora in poi che i padri possano essere più responsabilizzati e le madri meno possessive.
Una sentenza che già fa discutere. A Catania un giudice si è chiaramente espresso a favore del padre nella causa di affidamento del figlio conteso, arrivando a demonizzare la figura materna come una sorta di “proprietaria” dei figli, mentre ha cercato di coinvolgere maggiormente la figura paterna, di solito messa in ombra e “disimpegnata”.
Il genitore di sesso maschile non esce indenne da critiche nella lettura della sentenza, perché di fondo è comodo essere esonerati da cotanta responsabilità.
Molti oneri e poco onore per la donna della ex coppia, separatasi in via giudiziale, che potrà comunque vedere il figlio ma che è stata condannata a pagare gli alimenti.
C’è da dire che entrambi i genitori sono stati sottoposti ad una perizia medico-legale-attitudinale e che il giudice si è espresso solo dopo l’esito della stessa.
Il bimbo vivrà a casa del padre e la madre, seppur risultata capace di far fronte alla sua crescita, dovrà corrispondere mensilmente 500 € all’ex coniuge per contribuire al mantenimento del figlio.
Un giudice controcorrente
L’affidamento dei figli al padre è una possibilità concreta.
Il giudice Felice Lima ha auspicato che la sua sentenza non sia un’eccezione perché i cosiddetti padri disimpegnati e le madri proprietarie danneggiano in egual misura i figli.
Grazie alla perizia ha potuto indirizzare la propria scelta verso il genitore più idoneo, stabilendolo non in base al sesso o alla consuetudine.
Le statistiche dicono che in Italia solo il 5 per cento dei bambini in affido congiunto risiedono a casa del padre, che pure potrebbe essere un genitore affidabile.
La legge 54 del 2006: affido condiviso
Nel 2006 la legge ha stabilito per i genitori che si separano il principio di bigenitorialità, ossia l’esercizio congiunto della potestà genitoriale, che va a sostituire quello della patria potestà.
L’affidamento condiviso ha fatto sì che, davanti alla legge, i genitori avessero la stessa dignità.
Poi però ci sono state le sentenze che nella maggioranza dei casi sono andate contro questo stesso principio, rinnovando la prassi di collocare il figlio/i presso casa di un solo genitore come dimora prevalente.
Di conseguenza a quel solo genitore viene assegnata la casa familiare, a quel solo genitore va corrisposto un assegno per il mantenimento della prole.
Quel solo genitore finisce con l’essere la madre, con poche eccezioni dovute normalmente a manifesta incapacità della stessa a provvedere ai figli.
Anche la Suprema Corte di Cassazione non ha mai avuto dubbi in merito, considerando la madre come il genitore più equilibrato e capace di mediare con l’altro.
Questo anche se l’affidamento al padre potrebbe essere la soluzione migliore per i figli.
Come ha fatto presente il giudice Lima, la consuetudine e non la legge stabiliscono che la madre continui a vivere con la prole nella casa familiare, anche se questa appartiene al marito.
Il dubbio che ne scaturisce è: se i genitori hanno eguali diritti e doveri, e se la perizia li ritiene entrambi idonei, perché propendere per l’uno piuttosto che per l’altro?
Ai prossimi giudici l’ardua sentenza.
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